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La 6 ore di Torino nelle parole di Fabrizio Lavezzato

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17 giugno - A bocce ferme, metabolizzata la fatica e l’emozione, Fabrizio Lavezzato ci racconta la sua gara di sabato scorso: La decisione di partecipare alla 6 Ore di Torino risale al 22 maggio, poche ore dopo il Campionato Italiano della 100km dove Ilaria è giunta seconda, al termine di una gara memorabile. Io l’ho accompagnata per 60km, poi sono finite le forze e mi sono dovuto ritirare. Un po’ l’avevo messo in conto, visto che due settimane prima avevo corso circa 70km alla 6 Ore di Corato, però un ritiro, peraltro il primo da quando corro, lascia sempre l’amaro in bocca. Siamo in macchina e stiamo tornando a casa, parlando al telefono con il nostro allenatore Vittorio. “Devi andare a Torino il 12 giugno, puoi fare la 6 Ore, la condizione c’è, oggi è stato un incidente di percorso”, queste sono le sue parole. Gli dico che ci penserò ma in realtà ho già deciso: è un rischio ma non voglio finire questa prima parte di stagione con un rimpianto. Le tre settimane prima della gara trascorrono bene. Ilaria, nonostante l’impresa di Imola, invece di godersi un po’ di riposo, mi accompagna in tutti gli allenamenti e questo per me psicologicamente è un aiuto fondamentale. Il 2 giugno dobbiamo correre 1h30’ in progressione lungo il percorso tra Francavilla e Basaluzzo. Chiudiamo l’allenamento con oltre 21km e lì capisco che posso far bene. Gli ultimi allenamenti in prossimità della gara sono un po’ meno brillanti, ma questo mi succede sempre: patisco molto l’avvicinamento alla competizione. Sabato 12 giugno è una giornata caldissima, una delle prime di questo inizio estate. All’arrivo al Parco Ruffini, verso le 14.00, vedo gli atleti impegnati nella 24h, 12h e 100km che sono partiti alle 10.00 del mattino. La mia gara parte alle 16.00. Il percorso è piattissimo, un anello da 1km circa, con 4 curve, ideale per correre forte, se ci fossero le condizioni per farlo. Molti atleti, anche forti, sono in difficoltà, alcuni camminano e qualche favorito della 100km si ritirerà da lì a poco. Al momento della partenza ci sono oltre 30 gradi, lungo il tracciato ci sono tratti in ombra, ma si fa fatica a percepirne il beneficio. Subito dopo lo start 5-6 atleti partono a razzo, io mi posiziono sul mio ritmo come da programma. Dopo circa una ventina di minuti mi ritrovo a fianco di un atleta, ci presentiamo, si chiama Alessio Bozano, è di Savona, e mi riferisce di avere un personal best in maratona sub 2h50’. Alessio ha intenzione di correre a 4.45-4.55/km per le prime 3 ore per poi accelerare. Mi propone di andare avanti insieme per metà gara: il ritmo mi sembra troppo veloce, data la giornata. Valuto un attimo, Alessio è veloce però il suo passo, come il mio, è regolare, giriamo a 4.50/km circa, per cui decido di accettare la sua proposta perché il beneficio di avere compagnia è troppo grande in una gara simile. Fa caldo, beviamo moltissimo, ad ogni giro, ma la gola è sempre secca: trovo beneficio solo in un ghiacciolo che mi viene passato da uno degli addetti e che mi mangio correndo. Verso la fine della terza ora arriva la mazzata, Alessio si ferma. Dopo un giro prova a ripartire, facciamo ancora un chilometro insieme, ma poi si ferma nuovamente: problemi di stomaco, deve ritirarsi. Si ritirano in tanti, altrettanti vanno avanti camminando. Mi trovo solo ed inizio anche io a soffrire: mi dicono che sono secondo, fino alla quarta ora corro bene, ma poi all’inizio della quinta ora inizio davvero a far fatica. Bevo ogni chilometro, ma dopo 100 metri ho di nuovo la gola secca. Faccio passare i giri cercando di distrarmi con le cuffiette e la musica, ancora di salvezza in caso di estrema necessità. All’inizio della quinta ora incrocio Stefano Castoldi, sta facendo la 12 Ore, lui è una sorta d’istituzione nel mondo ultra “Ste, sono stanchissimo, non ce la faccio più. Che cosa devo fare?” gli chiedo. “Manca un’ora. Siamo tutti stanchi, io ho cominciato 6 ore prima di te. Corri e non fermarti, hai quasi finito” la sua riposta perentoria. Corro. O almeno ci provo per i successivi 30’, poi nell’ultima mezz’ora accade quasi di botto mi rianimo e riprendo un’azione accettabile, addirittura sotto i 5/km negli ultimi 3 giri, quasi come nella prima parte di gara. C’è chi lo chiama effetto magico delle ultra, ma forse è solo una reazione nervosa, che ti spinge a trovare nel fondo del serbatoio anche quello che non c’è più. Appena suona la sirena e poso atterra il conetto della posizione finale, mi piomba addosso tutta la stanchezza. Mi appoggio ad una transenna: quando mi dicono che sono arrivato secondo sono super felice. Il chilometraggio, 68,883 km è di poco inferiore all’obiettivo dei 70 che mi ero riproposto ad inizio giornata. Va bene così, posso solo essere contento. Fabrizio

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